Bucaioli ce le paste

Alzi la mano chi, almeno una volta in vita sua, non ha esclamato così!
Bucaioli non è un termine inventato dal mitico Conte Lello Mascetti in Amici miei….
Questa tipica e divertente espressione fiorentina trae origine infatti dalla Firenze popolare di un passato recente.
Addirittura esistono svariate versioni della storia.
C’è chi sostiene (i più) che “bucaioli c’è le paste” fosse il richiamo strillato dalle donne verso le rive dell’Arno dove i renaioli effettuavano il lavoro faticosissimo di levare la rena dal fondo del fiume e che, all’ora di pranzo, venivano avvertiti dalle mogli che era giunta l’ora di una pausa.
I “renaioli”, erano appunto coloro che raccoglievano la rena dal fondo dell’Arno.
Ogni giorno andavano con una barca apposita, dal fondo piatto, in un punto del fiume, la bloccavano ad un palo ancorato nell’alveo, e, mediante una particolare pala di legno, munita di un lungo e robusto manico che poteva arrivare alla lunghezza di 5 metri, raschiavano il fondo del fiume per raccogliervi la rena ad uso edile.
Quando l’Arno era in secca, tale operazione si poteva svolgere anche senza l’utilizzo di un’imbarcazione, direttamente sulle rive del fiume.
L’appellativo “bucaioli” o, meglio – alla fiorentina – “buhaioli” sembra derivare in questo caso dalla formazione di buche nel letto del fiume che diventavano evidenti durante le secche.
Questo continuo esercizio di alzare dall’alveo del fiume le tante palate di rena bagnata faceva diventare il lavoro dei renaioli molto faticoso e dispendioso di energie, ed i renaioli necessitavano di un’alimentazione ipercalorica.
Così, a mezzogiorno, a turno, la moglie di un renaiolo si recava sull’argine a fare la cuoca e, quasi sempre utilizzando un’unica grande pentola, preparava il menù del giorno: pastasciutta al sugo di pomodoro, trippa alla fiorentina, panzanella di pane, cipolle rosse e vino rosso.
Quando il pranzo era pronto la cuoca si avvicinava al limite dell’argine e rivolta ai renaioli gridava: “BUCAIOLI C’E’ LE PASTE”, e subito il barcaiolo di turno si muoveva a raccogliere i vari renaioli per portarli a riva, alla mensa.
Alle volte i renaioli portavano con loro una caratteristica zucca gialla che, vuotata internamente ed incatramata, era utilizzata per raccogliere i pesci d’Arno appena pescati che servivano per integrare il consueto pranzo oppure erano venduti, divenendo così un’altra fonte di guadagno.

Secondo un’altra versione invece si ritiene che i bucaioli fossero gli occupanti delle buche, ovvero le botteghe seminterrate intorno al mercato di San Lorenzo tuttora esistenti, ma il succo della storia non cambia:
all’ora di pranzo, quando per la via passavano dei carrettini che vendevano vivande, la piazza si riempiva delle voci degli ambulanti che, per richiamare l’attenzione dei negozianti che dalla loro posizione non avrebbero altrimenti potuto vedere il loro arrivo, urlavano “Bucaioli, c’è le paste!”.

Ancora, altra ipotesi, la frase “bucaioli, c’è le paste”, potrebbe derivare da una situazione in particolare: un tempo alle Cave di Maiano lavoravano gli scalpellini.
Una donna che preparava il pranzo agli operai, vedendo gli uomini intenti a bucare i blocchi di pietra per fare dei tombini, quando era pronta la pasta usava richiamare la loro attenzione con questa espressione.

Infine, secondo altri, l’espressione deriva dall’uso che ne faceva una donna, padrona di una bettola, che preparava il pasto per un gruppo di operai stradini impegnati a riempire di ghiaia le buche che si trovavano sotto il Torrino di Santa Rosa.