L’uomo che vinse una battaglia con una tromba

AHMED ADEMOVÍC: L’UOMO CHE VINSE UNA BATTAGLIA CON UNA TROMBA

1912, i Balcani sono in fermento. Dopo secoli di dominazione ottomana bulgari, serbi, greci e montenegrini si uniscono in una lega per rivendicare la propria indipendenza. Le forze della Lega Balcanica sono di gran lunga superiori per numero a quelle turche, ma rispetto a queste sono meno armate e addestrate peggio. Allo scoppio della guerra, in ottobre, i serbi marciano con tre armate verso sud, con l’obbiettivo di distruggere le forze turche prima che possano rafforzarsi. Ma gli ottomani decidono di sorprendere il nemico, e il 23 ottobre attaccano le armate serbe presso la città macedone di Kumanovo. L’audace manovra sembra funzionare: parte delle forze serbe stanno ancora marciando verso sud, mentre a nord l’esercito turco aggredisce il retro delle formazioni balcaniche. La confusione impera, i primi reggimenti serbi che incontrano il nemico vacillano.

Fu allora che dalle linee serbe emerse uno strano eroe, un trombettiere! Ahmed Ademovìc oltre ad essere un rom, un’etnia spesso marginalizzata nelle società balcaniche, era un talentuoso musicista. Consapevole che se l’imminente attacco ottomano avesse sfondato nel suo settore l’intera armata serba sarebbe stata in pericolo, Ahmed sgattaiolò attraverso le linee nemiche armato solo di una tromba. Mentre intorno a lui infuriava la battaglia, mise mano allo strumento e suonò il segnale ottomano della ritirata. Alcuni soldati turchi si fermarono, alcuni tornarono indietro, altri ancora continuarono ad attaccare. Inutile per i confusi ufficiali e sottufficiali abbaiare ordini e cercare di ristabilire l’ordine, ormai l’impeto dell’attacco era perduto. Ademovìc allora ripeté la folle impresa, e riattraversò di corsa il campo di battaglia. Tornato alle proprie linee, fece squillare le note del segnale della carica. I serbi contrattaccarono respingendo il nemico dando così modo al resto delle unità di consolidarsi e riorganizzarsi. Il giorno seguente gli ottomani ammisero la sconfitta e si ritirarono, abbandonando Skopje e lasciando un territorio molto esteso nelle mani del nemico.

Ahmed venne festeggiato come uno degli eroi della battaglia e divenne una vera e propria celebrità. Ricevette onori militari e medaglie, fra cui la Croce dei Karađorđević con Spade, un’altissima onorificenza. Era possibile vederlo sempre portare questa medaglia attaccata al bavero della giacca quando lo si incontrava nella cittadina serba di Leskovac, dov’era conosciuto e rispettato. Ma il tempo passò e il mondo cambiò, e non per il meglio. Nella perversa visione nazista il popolo rom era una macchia, un virus da cancellare dalla faccia della terra. Dei 100.000 rom che abitavano in Jugoslavia prima dell’occupazione nazista, fra 26.000 e 90.000 non sopravvissero. Il 3 dicembre 1941 le truppe tedesche condussero 500 rom fuori da Leskovac e li fucilarono. Fra costoro vi erano anche i due figli di Ahmed, che non si riprese mai più dalla devastante perdita e non suonò mai più. Dopo la guerra visse col nipote Fadil fino a quando non si spense a 92 anni nel dicembre del 1965. Ancora oggi il suo trucco è insegnato nelle accademie militari, a ricordare come un singolo, ingegnoso e coraggioso soldato possa cambiare l’esito di una battaglia.

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