Santo Stefano

Dopo Natale viene Santo Stefano.
Definirli un’accoppiata vincente è una banalità: Natale e Santo Stefano funzionano bene; è il caso di dire da Dio.

Natale cade il 25 dicembre più o meno dal V secolo e, se Santo Stefano non fosse celebrato il giorno dopo, probabilmente se lo filerebbero in pochi .

Lo hanno messo lì perché è il “protomartire”, ovvero il primo martire della cristianità, lapidato a Gerusalemme attorno all’anno 36.

Subito dopo il Natale si celebrano i comites Christi – i “compagni di Gesù”, detto in termini più banali – e così dopo il protomartire arrivano l’evangelista Giovanni, i Santi Innocenti, ovvero i bambini uccisi da Erode (ma se non erano battezzati non dovrebbero stare nel limbo? Come mai addirittura santi? Misteri del martirologio). Per la verità Stefano si celebrava in un’altra data, il 3 agosto, ovvero il giorno della sua “invenzione”, cioè il rinvenimento della tomba avvenuto nell’anno 415 (il termine ecclesiastico “invenzione” appare quantomai ironico ai nostri occhi, perché spesso questi corpi di santi più che rinvenuti erano proprio inventati, in modo da favorirne il culto).
Della vita di Stefano prima che diventasse cristiano non si sa nulla. In realtà non sappiamo nemmeno se fosse stato un ebreo di Galilea o un pagano proveniente da altri luoghi, forse dall’Anatolia ellenica, visto che il suo nome è greco e significa “coronato”. Stefano era uno che ci sapeva fare assai con la lingua – quando discute con i sapientoni nel tempio finisce sempre per prevalere grazie alla sua abilità oratoria. Insomma, è un gran rompiscatole. Alla fine non ne possono più di lui e lo trascinano davanti al Sinedrio. L’accusa è di quelle gravi: «Bestemmia contro Dio e contro Mosè». Stefano si lascia andare in una lunghissima autodifesa. Gli astanti cominciano a rumoreggiare e a tapparsi le orecchie, quindi trascinano il povero Stefano fuori dalle mura della città e lì, in campo aperto, gli tirano le pietre. Per avere più slancio nel lancio si tolgono le vesti, che evidentemente limitavano il movimento del braccio, e le depongono ai piedi di un giovane che assiste all’esecuzione, tal Saul. Questi, evidentemente entusiasta dello spettacolo a cui aveva assistito, si lascerà più tardi andare alle persecuzioni dei cristiani, salvo poi rimanere folgorato sulla via di Damasco da una voce che gli domanda: «Paolo, Paolo, perché mi perseguiti?» e passare quindi alla storia come Paolo di Tarso, o San Paolo, che dir si voglia.

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