Il gelato fiorentino

Quando Caterina de’ Medici lasciò Firenze per Marsiglia, dove avrebbe sposato Enrico II, duca d’Orleans e futuro re di Francia, decise di scegliere un gruppo di persone da portare con sé, tra cui alcuni cuochi e pasticceri.
La giovane non intendeva infatti rinunciare ai sapori della propria terra natìa, ben consapevole della loro bontà e decisa a dimostrare la superiorità dell’arte gastronomica fiorentina rispetto a quella d’oltralpe. Per questo motivo, tra coloro che voleva portare in Francia, inserì ad ogni costo anche Ruggeri, un pollivendolo con velleità culinarie, che si era presentato ad una gara tra i migliori cuochi della Toscana indetta dalla Corte dei Medici, con tema “il piatto più singolare che si fosse mai visto”.
Ruggeri partecipò al concorso preparando un “dolcetto gelato” con ricette ormai quasi dimenticate: il suo “sorbetto” finì con il conquistare tutti i giudici e così lui e la sua ricetta diventarono subito molto famosi in tutta la regione, e richiesti ovunque.
Caterina dette ordine di rintracciarlo e farlo imbarcare alla volta della Francia.
Il banchetto che seguì le sue nozze venne ricordato per l’eccellenza dei piatti e fu soprattutto Ruggeri, con il suo “ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata” a riscuotere grandi elogi, deliziando il palato di tutti gli ospiti e lasciandoli sbalorditi da quel gusto così innovativo.
Tale fu il successo di questo sorbetto, che Caterina iniziò a ricevere offerte di denaro da nobili francesi che volevano al loro servizio il suo gelataio, ma con la tempra che la contraddistingueva, rifiutò ogni volta.
Questo era il 1533, quando il famoso pasticcere cominciò a dare libero sfogo alla sua fantasia culinaria, creando piccole miniature e nuove forme di gelato, arrivando però ben presto a farsi odiare da tutti i cuochi della capitale per la sua maestria.
Ruggeri veniva invitato a presenziare a tutte le feste, il che provocò nei cuochi francesi un moto di invidia feroce nei confronti del nostro conterraneo, e provarono con ogni mezzo ad osteggiarlo ed estorcergli la ricetta del gelato, fino ad arrivare ad aggredirlo e percuoterlo in più occasioni.
A quel punto, Ruggeri prese la decisione di abbandonare la Francia e la corte di Caterina per tornare a Firenze e riprendere la sua più umile ma senza dubbio più tranquilla attività di pollivendolo.
Tuttavia fece pervenire una lettera a Caterina, nella quale le svelava la ricetta del suo gelato, terminando la missiva così: “Con il Vostro permesso ritorno ai miei polli sperando che la gente mi lasci finalmente in pace e, dimenticandosi di me, si accontenti soltanto di gustare il mio gelato”.
Fu così che la primordiale forma di gelato si diffuse in Francia, pochissimi anni prima del più celebre Buontalenti. Bernando Timante Buonacorsi, vero nome di Buontalenti, fu uomo dalle mille qualità: allievo del Vasari, fu architetto, scultore, pittore, ingegnere militare e scenografo della Firenze cinquecentesca. Tra i suoi tanti meriti, la città lo ricorda come inventore del gelato fiorentino per antonomasia.
Per la famiglia de’ Medici progettò svariati palazzi e ville, tra i più importanti ricordiamo: la Villa di Pratolino, il Casino di San Marco e la Villa di Poggio a Caiano.
Non solo, ma si dedicò anche all’organizzazione scenografica e gastronomica dei banchetti dei Medici. Quando Maria de’ Medici sposò per procura Enrico IV di Francia, allestì una festa grandiosa nel Salone dei Cinquecento: tre grandi tavolate dividevano la sala e quando gli invitati presero posto, un grande leone si aprì in due mostrando i gigli di Francia, per poi mutarsi in aquila e volare via.
Arrivati ai dessert, la tavola degli sposi si divise in due, scorrendo ai lati della sala, facendo apparire una fontana che zampillava liquori.
La creatività artistica di Buontalenti non conosceva limiti, ma il suo vero capolavoro fu il gelato.
L’occasione fu data da una visita ufficiale di ambasciatori spagnoli alla corte fiorentina quando, su preciso ordine del Granduca, l’artista venne incaricato dai Medici di organizzare «festini da far rimanere come tanti babbei gli stranieri, spagnuoli per giunta».
L’architetto non si limitò agli apparati scenografici, ma si occupò anche dei banchetti e in particolare creò una nuova ricetta a base di latte, miele, tuorlo d’uovo e un tocco di vino. Così oltre il gelato, fece nascere anche la crema all’uovo e lo zabaione.
Questa idea di dolce fu rivoluzionaria.
L’intervento di Buontalenti rivoluzionò la storia del gelato: da quel momento tutto si poteva gelare, anche le materie grasse come il latte e le uova. E proprio grazie a queste ultime il sapore del dolce freddo era totalmente diverso dal sorbetto inventato dal Ruggeri: se il sorbetto aveva una consistenza ghiacciata, simile ad una granita, il gelato era cremoso, vellutato, ed ogni palato ne restava estasiato.
Non solo: sembra anche che il Buontalenti abbia costruito una speciale macchina per realizzare il gelato, formata da pale fatte ruotare grazie ad una manovella, che avevano il compito di mantecare la crema e da un cilindro contenente ghiaccio, intorno a cui veniva lavorato il composto che lentamente raffreddava.

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