Battaglia della foresta di Teutoburgo

9 Settembre, anno 9° dopo Cristo, Germania

Le tre Legioni di stanza in Germania superiore si sono messe in marcia da qualche ora per tornare ai loro acquartieramenti invernali di Castra Vetera (oggi Xanteen), in testa abbiamo la XIIX Legione, al centro la XVII^ e a chiudere la colonna la XIX^ le guida Publio Quintilio Varo, prefetto della provincia.

Insieme a loro marciano tre ali di cavalleria ausiliaria e 6 coorti di fanteria ausiliaria mentre completano la lunga colonna circa 600 civili fra artigiani, mercanti, ristoratori e le poche compagne di alcuni legionari.

Facciamo un passo indietro, Publio Quintilio Varo è stato nominato direttamente da Cesare Augusto come prefetto della Germania. A lui è stato dato il duro compito di pacificare le tribù germaniche e riuscire a fare di tutto quel territorio una provincia del grande impero.
In questa situazione Cesare Augusto non ha purtroppo tenuto conto di due aspetti: Varo ha accettato l’incarico a malincuore perché ha dovuto abbandonare il suo precedente incarico in Siria, dove ormai la situazione era stabile, e il suo profilo non è quello di un condottiero ma di un burocrate, più incline all’utilizzo del codice romano che non del gladio.

Torniamo al 9 settembre,

I legionari avanzano in colonna di marcia, alcuni borbottano, altri parlano con i commilitoni sottovoce, qualche imprecazione per il terreno accidentato e il tempo inclemente. Quella mattina infatti l’aria è umida e minaccia pioggia, e poi la foresta…… I Romani sono molto superstiziosi e quella foresta così tetra ed impenetrabile per loro è foriera di sventura. I Centurioni vigilano sui legionari e controllano che la colonna di marcia non si sfaldi. Gran parte dei legionari hanno gli scudi sulle spalle e coperti con la guaina di pelle per proteggerli dall’umidità, con il fagotto in spalla si fanno avanti.

Che ci fanno 3 legioni in marcia dentro una foresta? Qualche giorno prima della partenza il Principe Arminio ha chiesto a Varo un aiuto per spegnere la rivolta della Tribù dei Bructeri.

Arminio è un germano cresciuto secondo gli usi e costumi romani, membro dell’ordine equestre e bravo ufficiale di cavalleria ausiliaria, si è distinto nella guerra in Pannonia e gode della fiducia e del rispetto di Varo.

Varo accetta di buon grado di deviare il percorso di ritorno e invece di passare per l’usuale via in campo aperto, decide di andare a Nord e dare una lezione ai Bructeri; vuole in sostanza dare una prova di forza nel tentativo di legare a se quanti più capi tribù germani alla causa romana.
In verità Lucio Eggio (legato della XIIX^ Legione) mise in guardia il prefetto da attuare questa deviazione, venne anche sostenuto da molti tribuni e centurioni, ma a tutti loro non diede ascolto.

Torniamo nella Foresta: le Legioni si spingono sempre più al suo interno, con i fianchi coperti dagli ausiliari germani di Arminio, quest’ultimo ha insistito per assicurare i fianchi della colonna ed esplorare il territorio circostante per evitare imboscate. Varo non sa che Arminio è un traditore e che sta guidando le Legioni verso un punto ben preciso in mezzo alla foresta dove il sentiero si restringe e i romani non potranno manovrare.

Nel frattempo durante la marcia tutto sembra andare bene, certo il terreno è impervio e ogni tanto bisogna sbloccare qualche carro con le vettovaglie, i pochi civili intrattengono piccole discussioni con i soldati vicini…

Ad un certo punto un brusio, alcune grida, tutto è confuso la colonna di marcia si dipana per km, così un centurione della I^ Coorte della XIIX Legione, manda due legionari a verificare cosa succede, dopo circa 20 minuti tornano a far rapporto, al momento nulla di grave, alcuni germani hanno assalito il centro della colonna e la fila dei carriaggi, sono stati respinti con poche perdite. I legionari vicini hanno sentito il rapporto e cominciano a guardarsi attorno innervositi.

Altre grida, urla di battaglia questa volta il trambusto è più forte…

In coda nella colonna, la XIX^ Legione viene ripetutamente attaccata dai germani, moltissimi legionari vengono trafitti dalla pioggia di giavellotti, in quanto hanno gli scudi sulle spalle, altri tentano di fronteggiare l’assalto dei germani, senza però avere il tempo di creare uno schieramento coeso. poi all’improvviso i Germani spariscono.

Varo è confuso, cerca Arminio che si è astutamente allontanato, ufficialmente per verificare lo schieramento dei suoi ausiliari, in verità è andato a dare l’ordine di cominciare ad attaccare la colonna.
Il principe Germanico non è uno stupido ha scelto bene il terreno, sa che una singola Legione in campo aperto, schierata in battaglia sarebbe impossibile da battere per i suoi guerrieri perché i Romani si avvalgono della ferrea disciplina e di schieramenti in grado di adattarsi alla situazione tattica, a patto però di avere lo spazio per schierarsi. Così Arminio che ha combattuto con e per i Romani, li ha attirati esattamente dove le tre Legioni non possona manovrare.

Varo non sa più cosa fare, appare confuso e intanto gli attacchi alla colonna diventano sempre più violenti. In alcuni punti la lotta è feroce soprattutto attorno ai carri delle salmerie, alcune centurie riescono a schierarsi e dar battaglia in ordine compatto, alcuni frombolieri cominciano a tempestare di missili gli attaccanti, ma alle distanze così ristrette molti vengono falciati dalle cariche dei germani. In alcuni punti il corpo a corpo e feroce, le urla si sovrappongono ai singhiozzi di dolore, e ai grugniti, molti legionari non sono nemmeno riusciti ad impugnare le armi e lo scudo, si battono come possono anche utilizzando le dolabre (asce da lavoro), qua e la i Centurioni e gli Optiones riorganizzano i ranghi, danno il buon esempio in prima linea (sempre se si può parlare di linee di battaglia), alcuni romani organizzano delle piccole contro cariche per alleggerire la pressione, interviene anche la cavalleria romana guidata dal Legato Vala Numonio, ma li nell’intricata foresta la cavalleria ha un impatto molto minore e subisce perdite su perdite.
Verso l’imbrunire gli attacchi dei germani si attenuano, i romani riescono finalmente a trovare una radura e a mettere su un campo di marcia.

Quella sera i romani sono tutti stremati, al consiglio di guerra i tribuni presentano il conto delle perdite, Varo insieme ai suoi ufficiali discute il da farsi, la XIIX^ Legione è quella meno colpita, la XVII^ comandata da Ceonio ha subito alcune perdite, mentre la XIX^ è quella messa peggio avendo perso anche buona parte degli ufficiali.
Anche i civili hanno avuto pesanti perdite, la cosa peggiore però è che le tre legioni sono intrappolate in territorio nemico, su un terreno sfavorevole a loro, sanno che la mattina dopo ricominceranno gli attacchi, ed qui che Varo prende la sua prima tragica iniziativa, ordina l’abbandono dei carri che troppo rallentano la colonna.

La mattina successiva quindi i carri e tutte le macchine d’assedio vengono dati alle fiamme, le vettovaglie vengono ridistribuite fra gli uomini, ricomincia la marcia.

Anche il 2° giorno è costellato di attacchi, questa volta però i romani sono pronti a respingere gli assalti e le perdite vengono contenute, il problema è che la voce delle vittorie germaniche stanno richiamando un sacco di guerrieri dai territori circostanti, ognuno dei germani vuole il suo pezzetto di gloria, così di fatto se le legioni hanno perso uomini, la forza combattente di Arminio è praticamente intatta.

Si arriva alla sera del 2° giorno, viene preparato un altro campo di marcia, ormai il morale è sprofondato, ogni legionario sa che il destino è segnato, anche Varo ormai è in preda allo sconforto, per quanto ciò che resta delle tre Legioni e delle unità ausiliarie sia ancora una forza combattente di tutto rispetto, sa che ormai le probabilità di uscire vivi da quella foresta sono molto basse.
Arriva così la notizia che Publio Quintilio Varo insieme ad alcuni ufficiali si è suicidato, l’ennesimo duro colpo al morale delle truppe, Lucio Eggio e Ceonio accolgono con stupore la notizia.
Prima di suicidarsi Varo ha convocato Vala Numonio nella sua tenda e gli ha dato ordine di aprirsi un varco fra le file nemiche e dare l’allarme alle guarnigioni romane in Germania, della rivolta in atto.
La mattina le sentinelle e i centurioni di servizio, insieme ai legati Eggio e Ceonio vedono la cavalleria di Vala Numonio abbandonare il campo, senza conoscere gli ordini di Varo, e gridano subito al tradimento!
Vala Numonio non farà molta strada, lui e i suoi uomini ormai esausti da 2 giorni d’incessanti combattimenti, vengono sopraffatti e uccisi.

A questo punto Lucio Eggio e Ceonio capiscono che ormai l’esistenza stessa di ciò che rimane delle tre legioni è nelle loro mani, la mattina del 3° giorno, 11 settembre i romani escono dal campo, in testa abbiamo Lucio Eggio con la XIIX^ legione ancora in buon ordine di combattimento, segue Ceonio con la XVII^ e in coda ciò che rimane della XIX^ Legione.

Ricominciano gli attacchi, il territorio è più aperto e i romani riescono a stabilire una parvenza di schieramento, dopo 2 giorni d’imboscate, finalmente ciò che resta delle tre legioni riesce a schierarsi per coorti e centurie. Le perdite dei germani aumentano a dismisura, nei ranghi romani una piccola ventata di ottimismo s’insinua, ce la possono fare!

Poi Lucio Eggio nota qualcosa di strano, più avanti… una specie di collina, guardando bene si accorge che la via è sbarrata da un terrapieno con in cima una palizzata di graticci, nel parapiglia della lotta però Ceonio è tornato al campo con ciò che rimane della XIX^ legione e i sopravvissuti della XVII^.

A questo punto Lucio Eggio capisce che il destino dei romani è tutto nelle sue mani e della XIIX^ legione, riorganizza i ranghi, chiede un ultimo sforzo ai suoi legionari, bisogna superare e travolgere il terrapieno, i romani si fanno avanti con le formazioni a testuggine, creano delle rampe d’assalto sovrapponendo gli scudi, il frastuono è enorme, le grida dei romani contro gli ululati dei germani, i legionari che stanno dietro coprono i commilitoni scagliando i pila e i giavellotti, i frombolieri (i pochi rimasti) tempestano di missili la palizzata, le pietre spaccano mani, sfondano facce, i legionari arrivano sul terrapieno e con la forza della disperazione cominciano a picchiare con i gladi e le dolabre, lo sforzo è enorme, ma i graticci sono freschi e molto elastici, assorbono i colpi e i difensori germani incuranti delle perdite e assaporando già la vittoria rimangono al loro posto. Assalto dopo assalto, con il coraggio della disperazione i legionari romani tentano in ogni modo di fare breccia, in alcuni punti ci riescono ma vengono subito ricacciati.
Dopo ore di selvaggi combattimenti Lucio Eggio chiama la ritirata, il destino è segnato, cerca di tornare all’accampamento e sulla strada si ricongiunge con ciò che resta delle due legioni, la XIIX^ e la XVII^ e così viene a sapere che Arminio aveva intimato la resa promettendo la salvezza dei prigionieri, così Ceonio ha accettato, ma i germani erano letteralmente assetati di sangue, molti ubriachi e così hanno cominciato a trucidare i prigionieri.

Ormai c’è poco da fare, Lucio Eggio organizza ciò che rimane delle sue truppe, i legionari si stringono i polsi nel “saluto legionario”, si schierano in battaglia per l’ultima resistenza, sporchi, affamati, stanchi con le armature a pezzi, gli scudi scheggiati, ormai senza più giavellotti, legionari a fianco di ausiliari, spalla a spalla, gomito a gomito, non c’è spazio per le differenze sociali, sono soldati e moriranno da soldati.
Comincia così l’ultimo tragico atto: urla, tonfi, singhiozzi soldati che scivolano sul sangue dei morti, il cozzare degli scudi, le rapide stoccate dei gladi contro i fendenti delle spade germaniche.
Pian piano la pressione aumenta è enorme, i germani fanno breccia nello schieramento romano, ormai le coorti non esistono più qualche singola centuria resiste per poi essere letteralmente sommersa. dieci Legionari li, quattro la… anche a coppie resistono come possono.
ad un certo punto di schianto il “si salvi chi può” e così a poco a poco a piccoli gruppi alcuni romani cercano di allontanarsi e cominciano il loro tentativo di fuga.

I pochi che verranno fatti prigionieri verranno torturati e uccisi, i Centurioni e i tribuni catturati verranno sacrificati agli dei germani dopo inenarrabili torture.

Il bilancio per i romani è disastroso, praticamente tutta la forza di combattimento romana in Germania Magna è stata spazzata via, il 25% della forza combattente di Roma è stata distrutta, tre aquile legionarie sono andate perdute.

Arminio d’altro canto è riuscito nella titanica impresa di coalizzare le tribù germaniche e sconfiggere ben tre legioni, ha scongiurato il tentativo Romano di creare una provincia germanica ed è riuscito a stabilire la sua Leadership, che però non gli salverà la vita visto che verrà avvelenato qualche anno più tardi.

E i Romani? I romani organizzeranno una spedizione punitiva guidata da “Germanico” nipote di Tiberio, che riuscì a recuperare due delle tre aquile legionarie.
L’Orgoglio romano poteva si riconoscere la sconfitta ma non l’umiliazione. Eppure, dai racconti tramandati dagli storici romani non sembra si possano muovere accuse ai Legionari di Varo e lo stesso protrarsi della battaglia per diversi giorni dimostra che essi, pur nelle condizioni disperate in cui fin dal principio si trovarono a combattere, non furono sopraffatti senza una dura lotta. Chi oggi si accosti ai resoconti di quel tragico evento tramandati dagli storici non può non avvertire un senso di sgomento di fronte alla lenta agonia delle tre legioni romane. Con meschina ingratitudine e un evidente intento di rimozione, Augusto non volle più ricostituirle e impose che ne fosse cancellato il ricordo, ma noi a distanza di quasi venti secoli, e pur non disconoscendo l’impresa comunque notevole compiuta dai germani vincitori, non dovremmo esimerci dal rendere onore a quei bravi soldati.

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