I frati gaudenti

 

I Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria, detti anche Frati Gaudenti, erano un ordine militare e ospedaliero sorto nel XIII secolo per garantire la pace tra le fazioni cittadine; l’ordine si estinse verso la fine del XVI secolo.
L’ordine trae origine da una confraternita sorta a Bologna per svolgere attività di pacificazione nelle città e tra le famiglie e comporre le liti tra le varie fazioni: tale compagnia ebbe tra i principali promotori Loderingo degli Andalò e Ugolino Lambertini.
La confraternita venne approvata da papa Urbano IV con la bolla Sol ille verus del 23 dicembre 1261: il pontefice elevò la fraternità a ordine militare e assegnò ai cavalieri come norma fondamentale la regola di sant’Agostino.
I membri dell’ordine, reclutati tra i membri dell’aristocrazia, si obbligavano a condurre un’esemplare vita cristiana mediante la professione dei voti di castità coniugale, di obbedienza e di protezione degli orfani e delle vedove; si impegnavano a impugnare le armi contro chiunque avesse turbato la pace pubblica e contro chi avesse violato la giustizia.
L’abito dei cavalieri della Beata Gloriosa Vergine Maria era bianco, con mantello grigio decorato con l’insegna dell’ordine: una croce rossa con due stelle.
La sede principale dell’ordine fu il convento di Ronzano, presso Bologna, e i cavalieri si diffusero soprattutto in Lombardia, in Toscana, in Romagna e nella marca Trevigiana.
Dante pone nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno (tra gli ipocriti) Loderingo degli Andalò e Catalano dei Malavolti, due dei primi gran maestri dei Gaudenti; frate Alberigo dei Manfredi viene invece posto nella terza zona del nono cerchio (nella Tolomea, fra i traditori degli ospiti).
Quando la situazione politica italiana cambiò e venne meno la ragion d’essere dell’ordine, i membri iniziarono a dedicarsi essenzialmente all’amministrazione del cospicuo patrimonio accumulato negli anni precedenti, guadagnandosi l’appellativo di gaudenti.
L’ordine si estinse a Bologna attorno al 1589 ma continuò a Treviso oltre il 1737.
A chiamare a Firenze i due frati Gaudenti fu Guido Novello, capo ghibellino di Firenze che, nonostante potesse disporre di ben 1500 cavalieri in città, si trovava a dover affrontare una rivolta popolare. Il malcontento di popolani e borghesi era dovuto ai forti tributi imposti dai ghibellini per mantenere i mercenari. Chiamando i due bolognesi, Loderingo di estrazione ghibellina, Catalano di estrazione guelfa, Guido sperava di creare una situazione di equilibrio tra le due fazioni che fosse gestibile. Loderingo e Catalano riformarono il governo della città costituendo un consiglio di 36 anziani, scelti tra guelfi e ghibellini. Il consiglio ristabilì l’antica divisione tra corporazioni d’arti e mestieri, riforma che andava a tutto vantaggio della borghesia e contro la nobiltà ghibellina. LE adunanze del consiglio si tenevano in una bottega in Via Porta Rossa, appartenente alla corporazione dell’Arte di Calimala. Guido Novello cercò di sciogliere il consiglio ma i popolani impugnarono le armi e, nei pressi del ponte di Santa Trinita, respinsero la cavalleria ghibellina. Novello uscì di città. si rifugiò a Prato e non riuscì più a rientrarvi. A quel punto, a vittoria ottenuta, i popolani rimandarono a Bologna Loderingo e Catalano e chiamarono un nuovo podestà da Orvieto. Da lì a poco Carlo D’Angiò entro a Firenze, nel tripudio del popolo che gli offrì la Signoria per dieci anni. Il Comune fiorentino ritornò guelfo e i ghibellini fiorentini, tra cui Dante, finirono esuli e perseguitati in tutta Italia.
Dante collocò entrambi i Cavalieri nella bolgia degli ipocriti all’Inferno (Canto XXIII), costretti a vagare per l’eternità sotto il peso di pesantissime cappe di piombo ricoperte da oro zecchino. Dante collocò all’Inferno anche un altro Frate Gaudente, frate Alberigo dei Manfredi (Inf. XXXIII, 118-150), tra i traditori degli ospiti.

Si ringrazia la Gent. ma Sig.ra Gabriella Bazzani dell’associazione “Firenze la sua storia e la sua gente”

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